lunedì 4 agosto 2014

CHI BEN COMINCIA #4


Ciao a tutti, nargilli!
Benvenuti al quarto appuntamento con la rubrica Chi Ben Comincia, ideata da Alessia del blog Il profumo dei libri, dopo un secolo che non la pubblicavamoDa quando ho scoperto i lit blog questa è stata una delle mie rubriche preferite, un po' perché mi incuriosiva leggere gli incipit dei libri, un po' perché era veloce e leggera da leggere. Spero vi possa piacere la nostra Chi Ben Comincia: The Booklover Nargles Edition. Le regole sono semplici: condividerò con voi l'incipit del libro che sto leggendo o che devo leggere. Questa settimana si tratta de Quello che c'è tra noi di Huntley Fitzpatrick, che non sto teoricamente leggendo in questo momento ma che è al top della mia TBR list, quindi...


"I Garrett mi erano stati tassativamente vietati fin dall'inizio. Ma non è questo il motivo che li rende degni di nota. Ci trovavamo in giardino quel giorno di dieci anni fa, quando una vecchia berlina e un camion dei traslochi si fermarono proprio di fronte al cottage in legno, che confina con casa nostra. «Oh, no» sospirò sconsolata la mamma. «Speravo proprio di evitarlo.» «Evitare… che cosa?» urlò mia sorella maggiore, di otto anni, dal fondo del vialetto. Si era già stufata del lavoro che mamma ci aveva assegnato: piantare bulbi di giunchiglie nel giardino davanti a casa. Raggiunse a passo rapido la staccionata che separava le due proprietà e si alzò in punta di piedi per dare un’occhiata ai nuovi arrivati. Anch’io scrutai nello spazio tra due assi e, con mia grande sorpresa, vidi che nell’auto erano stipati due adulti e cinque bambini, come in quel numero che fanno i clown al circo.«Quella.» La mamma accennò alla macchina con la paletta da giardinaggio, mentre con l’altra mano si attorcigliava una ciocca di capelli biondo platino. «Ce n’è una in ogni quartiere: la famiglia che non taglia mai l’erba, che lascia giocattoli sparsi ovunque, che non pianta mai fiori e, se li pianta, li lascia morire. La famiglia sciatta che fa abbassare drasticamente il valore delle case del circondario. Eccola qua. Proprio accanto a noi. Hai infilato quel bulbo al rovescio, Samantha.»Girai il bulbo e strisciai le ginocchia nel terriccio per avvicinarmi di più alla staccionata, incapace di staccare lo sguardo dal padre, intento a tirare fuori un neonato dal seggiolino dell’auto mentre un bimbetto riccioluto gli si arrampicava sulla schiena. «Sembrano simpatici» osservai. Ricordo che a quel punto calò il silenzio. Alzai gli occhi su mia madre.Mi fissava scuotendo la testa con un’espressione indecifrabile. «La simpatia non c’entra niente, Samantha. Hai sette anni e ormai dovresti sapere quali sono le cose importanti. Cinque figli, santo cielo! Proprio come la famiglia di tuo padre. Follia pura.» Scrollò di nuovo il capo, indispettita. Mi avvicinai a Tracy e scrostai con l’unghia una scaglia di vernice bianca dalla staccionata. Mia sorella mi scoccò la stessa occhiata intimidatoria di quando la interrompevo con una domanda mentre guardava la televisione. «Il momento critico per me si aggira intorno ai ventidue mesi» la sentii confessare un giorno, al supermercato, in risposta a un’osservazione della signora Mason a proposito del suo ventre rigonfio. «Quando smettono di essere bebè. E io adoro i bebè.»La signora Mason reagì con un sorriso e un’alzata di sopracciglia, e poi si voltò stringendo le labbra con aria perplessa. Ma la signora Garrett sembrò non accorgersene, orgogliosa com’era di sé e della propria famiglia confusionaria. Cinque maschi e tre femmine, all’epoca dei miei diciassette anni.Joel, Alice, Jase, Andy, Duff, Harry, George e Patsy."«Lui però è carino» osservò, tornando a sbirciare oltre la staccionata. Mi girai e vidi un ragazzino che scendeva dal sedile posteriore dell’auto, con in mano un guantone da baseball, e andava a tirar fuori dal portabagagli uno scatolone pieno di attrezzi sportivi. Già all’epoca Tracy adottava la tattica di sviare il discorso, preferendo non pensare a quanto nostra madre trovasse faticoso farci da genitore. Papà se n’era andato senza salutare, lasciandola con una bambina di un anno, un’altra in grembo, un profondo disincanto e, per fortuna, il fondo fiduciario dei suoi genitori. Gli anni avevano dato ragione alla mamma sul conto dei nostri nuovi vicini, i Garrett. Il loro prato veniva rasato sporadicamente. Le lucine di Natale restavano appese fino a Pasqua. Il giardino sul retro era ingombro di roba: una piscina interrata, un trampolino, un’altalena, un castello per l’arrampicata. Periodicamente, la signora Garrett s’intestardiva a piantare qualche fiore di stagione – crisantemi a settembre, balsamine a giugno – e poi li lasciava avvizzire per occuparsi di cose più urgenti, come i suoi cinque figli… che con il tempo erano diventati otto. Nascendo più o meno a intervalli di tre anni l’uno dall’altro. «Il momento critico per me si aggira intorno ai ventidue mesi» la sentii confessare un giorno, al supermercato, in risposta a un’osservazione della signora Mason a proposito del suo ventre rigonfio. «Quando smettono di essere bebè. E io adoro i bebè.»La signora Mason reagì con un sorriso e un’alzata di sopracciglia, e poi si voltò stringendo le labbra con aria perplessa. Ma la signora Garrett sembrò non accorgersene, orgogliosa com’era di sé e della propria famiglia confusionaria. Cinque maschi e tre femmine, all’epoca dei miei diciassette anni.Joel, Alice, Jase, Andy, Duff, Harry, George e Patsy." 


Si tratta di un luuuuungo incipit, mi devo scusare con voi. Ma che ne dite, vi è piaciuto? A me mette ancora più voglia di leggere Quello che c'è tra noi, come se questo fosse possibile. Bene, abbiamo finito anche questa rubrica. Alla prossima, nargilli!

Marta (Cinnamon Cookie)

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